Domani sera, un’occasione, nell’incertezza del quadro nazionale in oggettivo stallo, per provare ad andare insieme un po’ più in profondità della rincorsa di dichiarazioni.
Dialogheremo con Francesco RONCHI, Docente all’Universita Sciences Po di Parigi e consigliere politico del Gruppo S&D al Parlamento Europeo, e Dino AMENDUNI, Docente di Comunicazione politica all’Universita degli Studi di Bari. (Qui di seguito, il resoconto del suo intervento).
[Appunti di viaggio dai circoli del PD – Formigine (Modena)]
1. “Vorrei che i nostri dirigenti discutessero, arrivassero anche alle mani se necessario, ma che lo facessero nei circoli, nelle assemblee, tra di noi. Poi si va lì fuori e si sta insieme, perché siamo un partito”
Chi ha detto questa frase ha pienamente ragione. Se dovessi isolare il principale problema di comunicazione del PD, almeno in questa fase, penserei proprio a questo. La dialettica interna è un valore ed è anche un elemento competitivo rispetto agli avversari (qualcuno ieri iniziava a dubitare del contrario, ho provato a rassicurare sul fatto che non sia così: la democrazia non dovrebbe essere un punto di debolezza, almeno per il momento). Ma l’assenza di regole nell’approccio coi media è grave, cronico, storico. Ci sono due cose su cui interverrei subito:
– limiterei al minimo la relazione tra media e singolo ospite invitato in modo diretto e non mediato. Deve esserci una mediazione, che debba al contempo dare spazio a tutte le voci ma all’interno di una linea condivisa. Nel M5S si fa così (nessuno o quasi si azzarda ad andare in tv senza passare da Rocco Casalino).
– in questi anni Di Maio, Di Battista, tutti gli ospiti di punta del M5S hanno accettato di andare in tv o in generale di accettare l’interlocuzione con i media ponendo una condizione a mio avviso inaccettabile: non avere altri politici presenti contemporaneamente mentre loro parlano. Questa scelta ha una chiara matrice tattica: evitare qualsiasi fuori programma, qualsiasi interlocuzione non preparata meticolosamente a monte, qualsiasi botta e risposta. Il PD dovrebbe avere il coraggio, soprattutto nei prossimi anni di traversata nel deserto, di dire: “voi mettete i leader del M5S su un piedistallo? E noi non veniamo più in tv”. I media devono valutare se offrire tutti questi privilegi al M5S sia effettivamente conveniente come lo è adesso. Per ora, invece, si è fatto l’errore opposto: anche i leader del PD hanno iniziato ad accettare interviste uno-a-uno ma, come detto prima, parlando spesso a titolo personale e non concordando una linea di comunicazione unitaria.
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