Il “fuori programma” rappresentato dall’incontro autoconvocato degli amministratori locali presenti alle Settimane Sociali che ha dato l’abbrivio alla “rete di Trieste”, è stata davvero una «sorpresa dello Spirito», come l’ha definita il presidente del Comitato delle Settimane, mons. Luigi Renna.
A distanza di oltre un mese, continuo a pensare che sia stata non solo una sorpresa ma che possa essere anche una sorpresa feconda. Ne sono convinto, perché la vocazione della politica è interpretare la speranza delle persone che le cose possano cambiare, la speranza concreta in un futuro migliore, più giusto, assumendosi la responsabilità, essenza del discorso a Trieste del cardinale Zuppi, di «parole e opere di Speranza».
E l’impegno politico nella dimensione locale è il luogo privilegiato dove questa speranza vive più vicina alle persone, nella loro vita reale, il luogo dove “precipitano” le ingiustizie della società e proprio per questo diventa anche la “frontiera” dove come amministratori locali siamo incalzati a costruire risposte, soluzioni possibili e concrete.
Il cattolicesimo democratico e sociale è nato non a caso lì, nel crogiuolo della vita reale delle comunità locali, nel fervore di iniziative dei cattolici nella sfera della democrazia economica e sociale, prima ancora di quella politica costituita dalla successiva nascita del Partito Popolare, il cui programma attingeva da questa maturazione, da questa vasta rete di esperienze locali. E’ lì che dobbiamo attingere ancora oggi, nel crogiuolo della vita reale e delle esperienze a servizio delle comunità locali.
Intervenendo all’incontro di Trieste ho richiamato una frase di don Sturzo che abbiamo voluto non a caso collocare all’ingresso della cooperativa culturale di ispirazione cristiana che con un gruppo di amici abbiamo recentemente rigenerato: “Un programma politico non si inventa, prima si vive”. Per questo concordo con la suggestione di Francesco Russo, nell’introdurre l’incontro della rete di Trieste, quando ha evocato la necessità oggi di uno “spirito neo-sturziano”. Cioè lo spirito di chi costruisce pazientemente un noi partendo dal basso, da quel “prima si vive”, per arrivare ad uno spartito unificante di idee forza che solo così può incidere nella storia. Aggiungo io: ripartendo anche oggi proprio dalla “sete di giustizia”, dalla democrazia sociale ed economica, per arrivare a curare anche per questa via i mali, il grande malessere, della democrazia politica.
Le due cose si tengono la mano. Metto per questo sotto i riflettori due punti. Questa Settimana Sociale si è aperta con la testimonianza dell’esperienza bellissima della cooperativa di comunità siciliana “Trame di quartiere”. Io sono convito che il ruolo delle cooperative di comunità, ed in generale del neo-mutualismo (perché in ogni comunità, piccola o grande che sia, c’è uno luogo da generare e rigenerare con la partecipazione dei cittadini), possa essere parte fondamentale di questo nuovo spartito del cattolicesimo sociale e democratico.
Aggiungo a questo spartito, sempre tra i temi democrazia economica e se ne è parlato a Trieste, il valore enorme della battaglia della CISL per concretizzare ciò che prevede la nostra Costituzione all’articolo 46, ancora inattuato, sulla partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori alla gestione, ai risultati e alla organizzazione delle aziende: la relativa proposta di legge di iniziativa popolare è già depositata in Parlamento con oltre 400mila firme.
Lo ritengo un punto fondamentale, perché anche l’impresa sia comunità e luogo di democrazia sociale. Sono due attenzioni dentro un quadro più ampio che, dopo Trieste, sintetizzo così: la sfida è mettere in comune ciò che viviamo e sperimentiamo ogni giorno come amministratori locali e questo spartito di idee-forza certamente germoglierà.
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