In questi giorni, mentre impazzano improvvisati futurologi, mi sono imbattuto nella lettura di questo rapporto dell’ISPI – Istituto per gli studi di politica internazionale. Si tratta di un interessantissimo approfondimento che si interroga sul “mondo che verrà”, provando a rispondere alle dieci più grandi incognite che riguarderanno il futuro andando al di là dei nostri semplici confini domestici. Sono molti i temi caldi presi in esame: dallo scontro Usa-Corea del Nord e Iran-Arabia Saudita, al nuovo protezionismo statunitense, fino alle grandi migrazioni.
Una riflessione. La risposta a questi interrogativi dipenderà in gran parte dal ruolo che saprà e potrà giocare l’Unione Europea, ma solo una volta ritrovate la sua rotta ed ambizione comunitaria: gli Stati Membri, infatti, non possono nulla da soli.
La nostra è un’Europa che, nel 2018, dovrà far fronte a una serie di criticità interne ad alto potenziale disgregativo ma al tempo stesso queste saranno dei banchi di prova per un rilancio assolutamente possibile: dall’avvio del progetto di difesa comune, al prosieguo dei negoziati dei 27 con il Regno Unito per Brexit, all’approvazione da parte del Consiglio Europeo della riforma del regolamento di Dublino, alle negoziazioni del nuovo bilancio comunitario per il 2021-2027.
Sergio Mattarella nel suo discorso di fine anno ha stabilito un parallelo che dovrebbe far pensare al punto in cui siamo: “Nell’anno che si apre ricorderemo il centenario della vittoria nella Grande guerra e la fine delle immani sofferenze provocate da quel conflitto. In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora -i ragazzi del ’99- vennero mandati in guerra, nelle trincee. Molti vi morirono. Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica. Corriamo il rischio di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa”. Sì, è solo grazie al cammino di integrazione europea se i nostri ragazzi nati nel 1999 andranno per la prima volta al voto e non in guerra. Ora, o l’Europa si ripensa e avanza, e noi dobbiamo batterci per questo, o si disgrega. Chi, in questa stagione di grandi paure, cavalca l’euroscetticismo e nei fatti propone una ricetta eurofobica, prepara per le nuove generazioni un ritorno indietro di un secolo.
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