Stamattina stavo chiacchierando con il figlio di un mio caro amico che appartiene al cosiddetto popolo delle partita IVA. Ha trent’anni e fa parte di quel 23% dei lavoratori autonomi italiani che, secondo l’Istat, guadagnano mediamente 783 € netti al mese. Mi ha raccontato che il suo problema non è solamente l’esiguo stipendio, ma anche e soprattuto la difficoltà a farsi liquidare le fatture nei tempi previsti. Attualmente, infatti, è in attesa di un versamento di 2.000 € da 8 mesi. In mezzo ci sono state telefonate di sollecito e mail. Ma soprattutto tanto stress, insicurezza e impossibilità di programmare il futuro.
Sì, dobbiamo promuovere l’impiego stabile a tempo indeterminato (e si sono fatti passi decisivi in avanti in questa legislatura: 1.200.000 posti di lavoro), ma nel nuovo millennio il mondo dell’occupazione è profondamente cambiato. Sono moltissimi, ormai milioni, i giovani che cominciano a lavorare tramite partita IVA. Molti per necessità, tanti altri per scelta.
Oggi un grande problema di questi giovani (ma non solo) è quello di non avere la certezza che le proprie fatture vengano evase nei tempi concordati. Perché ricevere i soldi nel tempo previsto o no può fare la differenza, come per ogni lavoratore ed imprenditore.
Il diritto dovrebbe sempre tendere a tutelare la parte più debole e i nuovi “deboli” sono i giovani con partita IVA. Si deve trovare il modo di introdurre strumenti di maggior tutela e garanzia che cambierebbero radicalmente le prospettive di molti di loro, permettendogli di pianificare (almeno in parte) il loro futuro.
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