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Una campagna elettorale è, o dovrebbe essere, l’occasione per un confronto, una competizione fra idee sul futuro, fra proposte di soluzioni ai problemi del Paese. Per sottoporre ai cittadini il disegno di futuro che sogniamo, partendo dai problemi reali del Paese, con l’obiettivo di risolverli, per non lasciarli in eredità ai nostri figli.

Mi ha colpito questo editoriale (http://www.linkiesta.it/it/article/2018/01/06/7-numeri-di-cui-non-sentirete-parlare-in-campagna-elettorale-ma-che-di/36706/) del direttore de Linkiesta, Francesco Cancellato dal titolo provocatorio – volutamente, immagino – che elenca una serie di nodi di fondo che, a suo dire, non verranno affrontati, e men che meno sciolti, durante questa campagna elettorale.

In sintesi, a far da freno a un futuro di sviluppo per il nostro Paese è la sottoutilizzazione del capitale umano, rappresentato dal lavoro femminile, dai lavoratori impiegati in settori non correlati ai propri studi, dalla disoccupazione giovanile. Da questa criticità di partenza, derivano una serie di conseguenze: dalle difficoltà ad attrarre investimenti dall’estero, fino alla “fuga dei cervelli”, la nostra meglio gioventù, che abbandona il Paese per cercare un futuro altrove.

Non ci sono facili ricette da proporre per risolvere problemi che richiedono tempi lunghi e soluzioni complesse e non boutade buone per raccogliere un voto in più. Noi dobbiamo stare lì, sui problemi veri e sulle soluzioni possibili. La linea di demarcazione di fondo è tra serietà responsabile e irresponsabilità. La buona politica non gira la testa dall’altra parte ma, citando Romain Rolland, con il “pessimismo dell’intelligenza e l’ottimismo della volontà” prova a costruire tassello dopo tassello un Paese migliore.